Libro di Cielo - Volume 4°

Febbraio 17, 1901 (57)

L’uomo viene da Dio e deve tornare a Dio.

Questa mattina trovandomi tutta oppressa e sofferente, quando appena ho visto il mio diletto Gesù e tanta gente immersa in tante miserie, e lui rompendo il suo silenzio che teneva da molti giorni, ha detto:

“Figlia mia, l’uomo, primo nasce in me e ne riporta l’impronta della divinità, ed uscendo da me per rinascere dal seno materno gli do il comando che camminasse un piccolo tratto di via, ed al termine di quella via, facendomi da lui trovare, lo ricevo di nuovo in me, facendolo vivere eternamente con me. Vedi un po’ quanto è nobile l’uomo, donde viene e dove va, e qual è il suo destino. Or quale dovrebbe essere la santità di quest’uomo, uscendo da un Dio sì santo?

Ma l’uomo nel percorrere la via per venire un’altra volta a me, distrugge in sé ciò che ha ricevuto di divino; si corrompe in modo che, nell'incontro che gli faccio per riceverlo in me, non più lo riconosco e non scorgo più in lui l’impronta divina, niente trovo di mio in lui, e non più riconoscendolo, la mia giustizia lo condanna ad andar disperso nella via della perdizione”.

Quanto era tenero sentire parlare Gesù Cristo su ciò, quante cose faceva comprendere! Ma il mio stato di sofferenze non mi permette di scrivere più a lungo.

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