Libro di Cielo - Volume 3°

Novembre 6, 1899 (4)

Luisa si offre vittima, per placare il Signore dal castigare le genti, ma Gesù glielo impedisce. L'importanza di piacere solo al Signore.

Questa mattina essendo venuto l’adorabile Gesù e trasportandomi fuori di me stessa, mi ha fatto vedere strade piene di carne umana. Che carneficina spietata, fa orrore a pensarlo! Poi mi ha fatto vedere che succedeva una cosa nell’aria, e molti ne morivano all’improvviso, e questo lo vidi pure dal mese di marzo.

Io ho incominciato, secondo il solito, a pregarlo che si placasse e che risparmiasse le sue stesse immagini da supplizi sì crudeli, da guerre sì sanguinose; e siccome teneva la corona di spine gliel’ho tolta per mettermela io, e ciò per placarlo maggiormente. Ma con mio sommo rammarico ho visto che le spine rimanevano quasi tutte spezzate nella sua santissima testa, sicché pochissimo rimaneva a me da soffrire. Gesù si mostrava severo, senza quasi darmi retta; mi ha trasportata di nuovo nel letto, e siccome io mi trovavo con le braccia in croce soffrendo i dolori della crocifissione che lui stesso mi aveva prima partecipato, ha preso le mie braccia e me le ha unite insieme, legandole con una cordicella di oro. Io non badando che cosa volesse ciò significare, per spezzare quell’aria severa che teneva gli ho detto:

“Dolcissimo amor mio, ti offro questi movimenti del mio corpo che voi stesso mi avete fatto, e tutti gli altri che posso fare io, per il solo fine di piacervi e glorificar­vi. Ah, sì! Vorrei che anche i movimenti delle palpebre dei miei occhi, delle mie labbra e di tutta me stessa, fossero fatti al solo fine di piacere a voi solo. Fate, o buon Gesù, che tutte le mie ossa, i miei nervi, risuonassero fra loro ed a chiare voci vi attestassero il mio amore”.

E lui mi ha detto: “Tutto ciò che si fa per il solo fine di piacermi, risplende innanzi a me d’una maniera tale da attirare i miei sguardi divini, e mi piacciono tanto che a quelle azioni, fossero anche un muovere di ciglia, ne do il valore come se fossero fatte da me. Invece quelle altre azioni in sé stesse buone ed anche grandi, fatte non per me solo, sono come quell’oro infangato e pieno di ruggine, che non risplende, ed io non mi benigno neppure di guardarle”.

Ed io: “Ah, Signore, quanto è facile che la polvere imbratti le nostre azioni!”

E lui: “Alla polvere non bisogna badare, perché si scuote, ma quello che bisogna badare è all’intenzione”.

Ora mentre ciò si diceva, Gesù si occupava a legarmi le braccia; io gli ho detto: “Deh, Signore, che fate?”

E lui: “Faccio questo, ché tu stando in quella posizione della crocifissione mi vieni a placare, ed io siccome voglio castigare le genti te le sto legando”.

E detto ciò è scomparso.

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