Libro di Cielo - Volume 2°

Luglio 9, 1899 (45)

Gesù la crocifigge per placare la divina giustizia.

Questa mattina Gesù ha voluto rinnovare le pene della crocifissione. Prima mi ha trasportata fuori di me stessa, sopra un monte, e mi ha domandato se volessi crocifiggermi[1]; ed io: “Sì, Gesù mio, non altro bramo che la croce”. Mentre ciò dicevo, si è presentata una croce grandissima, e sopra di essa mi ha distesa e con le sue proprie mani mi inchiodava. Che pene atroci soffrivo nel sentirmi trapassare le mani ed i piedi da quei chiodi, che per giunta erano spuntati, e che per farli penetrare si stentava e si soffriva molto. Ma con Gesù tutto riusciva tollerabile. Dopo che ha compiuto di crocifiggermi, mi ha detto:

“Figlia mia, me ne servo di te per poter continuare la mia passione. Siccome il mio corpo glorificato non può più essere capace di soffrire, onde venendo in te me ne avvalgo del tuo corpo come me ne avvalsi del mio nel corso della mia vita mortale, per poter continuare a soffrire la mia passione e così poterti offrire vittima vivente innanzi alla divina giustizia, di riparazione e di propiziazione”.

Dopo ciò pareva che si aprisse il cielo e scendeva una moltitudine di santi, tutti armati di spade. Una voce come di tuono è uscita da dentro quella moltitudine a difendere la giustizia di Dio ed a fare vendetta degli uomini che tanto hanno abusato della sua misericordia. Chi può dire ciò che succedeva sulla terra a questa discesa dei santi? Solo so dire che, chi guerreggiava da un punto e chi dall’altro, chi fuggiva, chi si nascondeva; pareva che tutti erano in costernazione. 



[1] volessi crocifiggermi, cioè volessi essere crocifissa

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