“Chiama la mia Volontà come vita, e ti farà conoscere la tua nobiltà e l’altezza del tuo posto in cui fosti messo da Dio”.

Adamo col sottrarsi dalla nostra Volontà arrestò il corso dei doni che essa doveva dare alla sua amata creatura; se avesse potuto avrebbe costretto Dio all'immobilità. Il nostro Ente Supremo col creare la creatura voleva stare in corrispondenza continua con essa, voleva darle ora un dono ed ora un altro, voleva farle tante belle sorprese non mai interrotte. Ora come la creatura fa la sua volontà, così tacitamente dice al suo Creatore: ‘Ritirati, non ho dove mettere i tuoi doni. Se tu mi parli non ti capisco, le tue sorprese non sono per me, io basto a me stesso’. E con ragione dice ciò, perché senza della mia Volontà che è sua vita primaria, ha perduto la vita e la capacità dove mettere i miei doni, di comprendere il nostro linguaggio celeste, e si rende estranea alle nostre più belle sorprese. La creatura col non fare la nostra Volontà perde la vita divina, l’atto più bello, più interessante, più necessario della sua creazione e del come fu creata da Dio.

Ecco perciò, come l’uomo si sottrasse dal nostro Fiat, si disordinò in modo che ad ogni passo vacillava, perché si distaccò, respinse l’atto vitale della sua vita, e si distaccò dall'atto stabile e permanente che doveva vivere con lui come una sola vita, quale la nostra Divina Volontà. Dimodoché ci sentiamo immobilizzati dall'uomo, perché vogliamo dare e non possiamo, vogliamo dire e non ci intende; è come se da lontano facciamo sentire i nostri dolorosi lamenti col dirgli: ‘Oh, uomo, finiscila, richiama in te quella Volontà che respingesti! Essa non bada ai tuoi mali, e se la chiami è pronta a prenderne il possesso ed a formare il suo regno in te, di dominio, di pace, di felicità, di gloria, di vittoria per me e per te. Deh, non voler essere più schiavo né vivere nel labirinto dei tuoi mali e miserie! Tale non ti creai, ma ti creai re di te stesso, re di tutto. Perciò chiama la mia Volontà come vita, e ti farà conoscere la tua nobiltà e l’altezza del tuo posto in cui fosti messo da Dio. Oh, come ne sarai contento, e contenterai il tuo Creatore!

(Libro di Cielo 30° Volume - 8 maggio 1932)