“È questo che vogliamo dare alle creature: la nostra Volontà come dono”.

“Figlia mia, il vivere nella mia Volontà è un dono che facciamo alla creatura, dono grande che supera in valore, in santità, in bellezza ed in felicità tutti gli altri doni, in modo infinito ed inarrivabile. Quando facciamo questo dono sì grande, non facciamo altro che aprire le porte per fare la creatura posseditrice dei nostri possedimenti divini, luogo dove non più hanno vita le passioni, i pericoli, né nessun nemico le può nuocere o farle del male.

Questo dono conferma la creatura nel bene, nell'amore, nella stessa vita del suo Creatore, ed il Creatore resta confermato nella creatura, quindi succede l’inseparabilità tra l’uno e l’altro; con questo dono la creatura si sentirà cambiata la sua sorte: da povera, ricca, da malata, perfettamente guarita, da infelice, si sentirà che tutte le cose si cambiano per lei in felicità.

Vivere nella nostra Volontà come dono, c’è gran differenza dal farla; vivere nella Divina Volontà è premio e nostra decisione di vincere la creatura con una forza invincibile ed irresistibile, riempire la volontà umana colla nostra in modo sensibile, in modo che toccherà con mano e con chiarezza il gran bene che le viene, che solo un pazzo potrebbe sfuggire da un tanto bene, perché finché l’anima è viatrice non si chiudono le porte dietro del dono, ma vi restano aperte, affinché liberamente e non forzata possa vivere nel nostro dono, molto più che [con] questo dono non farà la nostra Volontà per necessità, ma perché l’ama ed è tutta sua.

Invece il fare la nostra Volontà non è premio, ma dovere e necessità, che volere o non volere deve sottoporsi, e le cose che si fanno per dovere e per necessità, se si possono sfuggire si sfuggono, perché in esse non entra l'amore spontaneo, che fa amare e riconoscere la nostra Volontà come degna d’essere amata e conosciuta; la necessità nasconde il suo bene che contiene e fa sentire il peso del sacrificio e del dovere. Invece il vivere nel nostro Volere non è sacrificio, ma conquista, non è dovere, ma amore; [la creatura] sente nel nostro dono se stessa sperduta in essa e l’ama non solo come Volontà nostra, ma anche perché è esclusivamente sua, e non dandole il primo posto, il regime, il dominio, non amerebbe se stessa.

Ora, figlia mia, è questo che vogliamo dare alle creature: la nostra Volontà come dono, perché guardandola e possedendola come cosa propria riuscirà facile a farle formare il suo regno. Questo dono fu dato all'uomo nel­l'Eden, ed ingrato ce lo respinse, ma noi non mutammo Volontà, lo teniamo a riserva, e ciò che uno ci respinge, con grazie più sorprendenti lo teniamo preparato per darlo agli altri, né badiamo al tempo, perché i secoli per noi sono come un punto solo. Però ci vogliono grandi preparazioni da parte delle creature, conoscere il gran bene del dono per sospirarlo; ma tempo verrà che la nostra Volontà sarà posseduta come dono dalla creatura”.

(Libro di Cielo 29° Volume - 29 settembre 1931)