“L'amore del prossimo che non è trasformato nel mio amore, io non lo guardo come cosa che a me appartiene”.

Io pensavo alle parole che Gesù aveva detto; mentre andavo ruminando nella mia mente, specialmente sulla purità dell’intenzione, e [su] come facendo il bene alle creature, le stesse devono scomparire facendo una la creatura con lo stesso Signore, e fare come se le creature non esistessero, Gesù ha ripreso il suo dire, dicendomi:

“Eppure così è; vedi, il mio cuore è larghissimo, ma la porta è strettissima. Nessuno può riempire il vuoto di questo cuore se non le anime distaccate, nude e semplici, perché come tu vedi, essendo la porta piccola, qualunque impedimento, anche minimo, cioè un’ombra d’attacco, un’intenzione storta, un’opera senza il fine di piacermi, impedisce che entrino a deliziarsi nel mio cuore.

L’amore del prossimo, molto va nel mio cuore, ma deve essere tanto congiunto al mio, in modo che [ne] deve formare uno solo, senza potersi discernere uno dall'altro; ma quell'altro amore del prossimo che non è trasformato nel mio amore, io non lo guardo come cosa che a me appartiene”.

(Libro di Cielo 2° Volume - 7 maggio 1899)