“Voglio te tutta unita e stretta con me; e questo non lo devi fare quando soffri o preghi solo, ma sempre, sempre”.

Continuando il mio povero stato, quando appena ho visto il benedetto Gesù e pareva che si trasformava tutto in me, in modo che se io respiravo, io sentivo il suo respiro nel mio, se io muovevo un braccio, sentivo muovere il suo nel mio, e così di tutto il resto. Mentre ciò facevo mi ha detto: 

“Figlia diletta mia, vedi in che stretta unione sto io con te? Così voglio te, tutta unita e stretta con me; e questo non ti credere che lo devi fare quando soffri o preghi solo, ma sempre, sempre: se ti muovi, se respiri, se lavori, se mangi, se dormi, tutto, tutto come se lo facessi nella mia Umanità ed uscisse da me il tuo operato, in modo che non dovresti essere tu altro che la scorza, e rotta la scorza della tua opera si dovrebbe trovare il frutto dell’opera divina; e questo devi farlo a bene di tutta quanta è l’umanità, in modo che la mia Umanità si deve trovare come vivente in mezzo alle genti.

Perché facendo tu tutto, anche le azioni più indifferenti, con questa intenzione di ricevere da me la vita, la tua azione acquista il merito della mia Umanità; perché essendo io Uomo e Dio, nel mio respiro contenevo i respiri di tutti, i movimenti, le azioni, i pensieri, tutto contenevo in me, quindi li santificavo, li divinizzavo, li riparavo; onde facendo tutto in atto di ricevere da me il tuo operato, anche tu verrai ad abbracciare ed a contenere tutte le creature in te, ed il tuo operare si diffonderà a bene di tutti; sicché ancorché gli altri non mi daranno niente, io prenderò tutto da te.

(Libro di Cielo 7° Volume - 28 novembre 1906)