[AUDIO] Meditazione sul 1° volume
capitoli 34 e 35
Gli stati di impietrimento e di rigidità di Luisa.
La loro origine e il loro situarsi dentro l'offerta che Luisa fece di sé come vittima.
Il demonio agisce sempre come un cane in catena.
La vita nella Divina Volontà richiede abnegazione e fermo amore alla Croce.
Volume 1 - Capitolo 34
Luisa si vede costretta a starsene a letto per periodi di tempo; si accentua l’impossibilità di mangiare. Viene chiamato per la prima volta il confessore, il quale la libera dallo stato d’impietrimento.
Dopo che passai qualche tempo in questo stato detto di sopra, cioè circa sei o sette mesi, le sofferenze si accrebbero di più, tanto che fui costretta a starmene nel letto. Spesso si moltiplicava quello stato di perdere i sensi, quasi che non avevo neppure un'ora libera; mi ridussi ad uno stato di estrema debolezza, la bocca si strinse in modo che non la potevo aprire affatto, ed in qualche momento libero che avevo, appena qualche goccia di qualche bevanda potevo prendere, se pure mi riusciva, e poi ero costretta a rimetterla per i continui vomiti (che ho avuto sempre). Dopo che stetti circa diciotto giorni in questo stato continuo, si mandò a chiamare il confessore per confessarmi. Quando venne il confessore mi trovò in quello stato d'assopimento. Quando mi riebbi, mi domandò che cosa avessi; gli dissi solamente (tacendo tutto il resto, e siccome allora continuavano gli strapazzi dei demoni e le visite di Nostro Signore): «Padre, è il demonio». Lui mi disse: «Non aver paura, che non è il demonio, e se è lui, il padre ti libera».
Così, dandomi l'ubbidienza e segnandomi con la croce ed aiutandomi a sciogliere le braccia, ché mi sentivo tutto il corpo impietrito come se fosse divenuto tutto un pezzo, gli riuscì di restituirmi il moto alle braccia [e] di farmi aprire la bocca che prima era divenuta immobile a tutto. Questo io l'attribuii alla santità del mio confessore, che veramente era un santo sacerdote; e lo tenni quasi per un miracolo, tanto che dicevo fra me stessa: «Vedi, ero preparata a morire».
Ché in realtà mi sentivo male, e se avessi durato quello stato io credo che lasciavo la vita. Sebbene ricordo che ero rassegnata e che quando mi vidi libera provavo un certo rincrescimento che non ero morta.
Volume 1 - Capitolo 35
“Mandavano a chiamare il confessore e allora restavo libera”.
Quindi, dopo che il confessore se ne andò ed io rimasta libera, ritornai allo stato di prima. E così successe che passavo, quando le settimane, i quindici giorni, ed anche i mesi che ero sorpresa da quello stato d'intanto intanto nella giornata, e da me stessa riuscivo a liberarmi; quando poi ero sorpresa spesso spesso come ho detto di sopra, allora la famiglia mandava a chiamare il confessore; tanto più che avevano visto la prima volta che ne ero rimasta libera, che tutti credevano che non mi dovevo più riavere da quello stato ed invece scesi alla chiesa e mi rimisi allo stato di prima, così mandavano a chiamare il confessore ed allora restavo libera. Ma però non mi passò mai per la mente che ad un tale stato ci voleva il sacerdote per liberarmi, né che il mio male fosse una cosa straordinaria.
È vero che quando perdevo i sensi vedevo Gesù Cristo, ma questo l'attribuivo alla bontà di Nostro Signore e dicevo fra me stessa: «Vedi quanto è buono il Signore verso di me, che a questo stato di sofferenze viene a darmi la forza, altrimenti come potrei sostenere, chi mi darebbe la forza?». È pur vero che quando doveva succedermi un tale stato, la mattina, nella comunione, me lo diceva, ed in quello stesso stato le sofferenze da lui stesso mi venivano, ma non davo retta a niente, il solo pensare qualche volta di dirlo al confessore mi credevo che fossi l'anima più superba che fosse nel mondo se ardivo mettere bocca a parlare di queste cose di vedere Gesù Cristo; e provavo tale rossore che fu impossibile di dire niente a quel confessore, per quanto buono e santo fosse.