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“Il dono viene dato nell'eccesso del nostro amore, il quale è tanto che non sa fare, non bada ai conti”.

“Con questo dono del vivere nella mia Volontà l’umana famiglia si sentirà talmente vincolata col suo Creatore, che non si sentirà più da lui lontano, ma talmente vicina come se fosse della sua stessa famiglia e convivesse nella sua stessa reggia; con questo dono si sentirà talmente ricca che non più sentirà le miserie, le debolezze, le passioni tumultuanti, ma tutto sarà forza, pace, abbondanza di grazia, e riconoscendo il dono dirà: ‘Nella casa del Padre mio celeste nulla mi manca, ho tutto a mia disposizione, sempre in virtù del dono che ho ricevuto’.

I doni li diamo sempre per effetto del nostro grande amore e dalla nostra somma magnanimità; se ciò non fosse, o volessimo badare se la creatura merita o no, se ha fatto dei sacrifici, allora non sarebbe più dono, ma mercede, ed il nostro dono si renderebbe come diritto e schiavo della creatura, mentre noi ed i nostri doni non siamo schiavi di nessuno.

Difatti l’uomo non esisteva ancora, e prima che lui fosse già creammo il cielo, il sole, il vento, il mare, la terra fiorita e tutto il resto per farne dono all'uomo. Che cosa aveva fatto per meritare doni sì grandi e perenni? Nulla. E nell'atto di crearlo gli demmo il gran dono che superò tutti gli altri: il nostro Fiat onnipotente. E sebbene lo respinse, noi però non smettemmo di non darlo più, no, ma lo teniamo a riserva per darlo ai figli, lo stesso dono che ci respinse il padre.

Il dono viene dato nell'eccesso del nostro amore, il quale è tanto che non sa fare, non bada ai conti, mentre la mercede che si dà se la creatura fa le opere buone, si sacrifica, si dà con giusta misura ed a secondo che merita; non così nel dono.

Perciò chi potrà dubitare significa che non se ne intende del nostro Essere Divino né delle nostre larghezze né dove può giungere il nostro amore; però vogliamo la corrispondenza della creatura, la gratitudine ed il suo piccolo amore.

(Libro di Cielo 30° Volume - 30 aprile 1932)