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“Figlia mia, cerca di vivere in me e possederai il paradiso anticipato”.

“Nel vivere per Dio, l’anima può star soggetta alle turbazioni, alle amarezze, essere incostante, a sentire il peso delle passioni, a mischiarsi nelle cose terrene. Ma il vivere in Dio, no, è tutto diverso, perché la cosa principale per potersi dire che una persona vivesse in un’altra persona, dovrebbe avvenire che avesse lasciato i propri pensieri ed avesse pure quelli dell’altra, così del suo stile, dei suoi gusti, e ancor più che avesse lasciato la sua volontà per prendere la volontà dell’altra.

Così, perché un’anima viva nella Divinità e vi abiti, deve lasciare tutto ciò che è suo, cioè spogliarsi di tutto, lasciare le proprie passioni; in una parola lasciare tutto per trovare tutto in Dio. Or quando l’anima si è non solo spogliata, ma assottigliata ben bene, allora potrà entrare per la porta stretta del mio cuore a vivere in me, a mio modo e della mia stessa vita; perché sebbene il mio cuore è larghissimo, tanto che non c’è termine ai suoi confini, ma la porta è strettissima e solo può entrarvi chi è denudato del tutto. E questo con ragione, perché essendo io Santissimo, non ammetterei giammai a vivere in me alcunché che fosse estraneo alla mia santità. Perciò, figlia mia, cerca di vivere in me e possederai il paradiso anticipato”.

Chi può dire quanto io comprendevo di questo vivere in Dio? Ma dopo è scomparso e sono rimasta nel mio stesso stato.

(Libro di Cielo 3° Volume - 10 luglio 1900)