Libro di Cielo - Volume 2°

Ottobre 29, 1899 (89)

Gesù la porta nelle sue braccia e l’ammaestra

Continua il mio adorabile Gesù a venire, ma questa mattina, appena venuto mi ha preso fra le sue braccia e mi ha trasportata fuori di me stessa; ed io trovandomi in quelle braccia comprendevo molte cose, specialmente che per poter stare liberamente nelle braccia di Nostro Signore, ed anche entrare a bell’agio nel suo cuore ed uscirne come [al]l’anima più piacerebbe, e per non essere di peso e di fastidio al benedetto Gesù, era assolutamente necessario spogliarsi di tutto. Quindi con tutto il cuore gli ho detto:

“Mio caro ed unico Bene, quello che vi chiedo per me è che mi spogliate di tutto, perché veggo bene che per essere rivestita da voi e vivere in voi, e voi rivivere in me, è necessario che neppure l’ombra io abbia di ciò che a voi non appartiene”.

E lui, tutto benignità mi ha detto: “Figlia mia, la cosa principale per entrare io in un’anima e formare la mia abitazione è il distacco totale da ogni cosa. Senza di questo, non solo non posso io dimorarvi, ma neppure nessuna virtù può prendere abitazione nell’anima. Dopo, poi che l’anima ha fatto uscire tutto da sé, allora vi entro io, ed unito con la volontà dell’anima fabbrichiamo una casa. Le fondamenta di questa si basa[no] sull’umiltà, e quanto più profonde tanto più alte e forti riescono le mura. Le dette mura saranno fabbricate da pietre di mortificazione, incalcinate d’oro purissimo di carità. Dopo che si son costruite le mura, io come eccellentissimo pittore, non con calce ed acqua, ma coi meriti della mia passione, indicato per la[1] calce, e coi dolori del mio sangue, indicato per l’acqua, le intonaco e vi formo le più eccellentissime pitture, e questo servirà [per] ben munirla dalle piogge, dalle nevi e da qualunque scossa. Appresso ne vengono le porte. Queste, per far sì che fossero solide come legno, non soggette al tarlo, è necessario il silenzio che forma la morte dei sensi esteriori.

Per custodire questa casa è necessario un guardiano che vigili da per tutto, entro e fuori, e questo è il timor santo di Dio che la guarda da qualunque inconveniente, vento ed altro che potrà sovrastarla. Questo timore sarà la salvaguardia di questa casa, che farà operare non con timore della pena, ma per timore d’offendere Dio ch’è il padrone di questa casa; questo timore santo non deve fare altro che far tutto per piacere a Dio, senza nessun’altra intenzione. In seguito si deve ornare questa casa ed empirla di tesori; questi tesori non devono essere altro che desideri santi, che lacrime; questi erano i tesori dell’Antico Testamento, ed in essi [gli uomini] trovarono la loro salvezza; nell’adempimento dei loro voti, la loro consolazione, la fortezza nelle sofferenze; insomma tutta la loro fortuna [la] riponevano nel desiderio del futuro Redentore, ed in questo desiderio operavano da atleti.

L’anima senza desiderio opera quasi da morta, anche le stesse virtù; tutto è noia, fastidio, rancore, nessuna cosa le piace, cammina quasi strisciando per la via del bene. Tutto all’opposto l’anima che desidera; nessuna cosa le dà peso, tutto è allegria, vola, nelle stesse pene trova i suoi gusti, e questo perché v’era un anticipato desiderio, e le cose che prima si desiderano poi vengono ad amarsi, ed amandosi si trovano i più graditi piaceri. Perciò questo desiderio va accompagnato da prima che si fabbricasse questa casa. Gli ornamenti di questa casa saranno le pietre più preziose, le perle, le gemme più costose di questa mia vita, basata sempre sul patire, ed il puro patire. E siccome colui che l’abita è il datore d’ogni bene, vi mette il corredo di tutte le virtù, la profuma coi più soavi odori, fa olezzare i più leggiadri fiori, fa risuonare una musica celestiale delle più gradite, fa respirare un’aria di paradiso”.

Ho dimenticato di dire che bisogna vedere se c’è la pace domestica, e questa non deve essere altro che il raccoglimento ed il silenzio dei sensi interiori.

Dopo ciò io continuavo a stare nelle braccia di Nostro Signore e mi trovavo tutta spogliata, ed in questo mentre vedevo il confessore presente; Gesù mi ha detto, ma mi pareva che voleva fare uno scherzo per vedere che cosa io dicessi:

“Figlia mia, tu ti sei spogliata di tutto, e tu sai che quando uno si spoglia ci vuole un altro che pensi a vestirla, a nutrirla e che le dia un luogo dove farla dimorare. Tu dove vuoi stare, nelle braccia del confessore o nelle mie?”

E mentre così diceva faceva l’atto di mettermi nelle braccia del confessore. Io ho incominciato ad insistere che non ci volevo andare; lui, che voleva. Dopo un po’ di contesa mi ha detto: “Non temere, ti tengo nelle mie braccia”, e così siamo restati in pace.



[1] indicato per la, cioè indicata dalla

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